lattosio

Quattro chiacchiere, una pizza tra amiche e un “nuovo” personaggio si fa spazio nei nostri discorsi: il lattosio. Per l’appunto, alcuni amici, che la pizza la prendono senza mozzarella, sono intolleranti a questo zucchero e a volte mi chiedono alcuni consigli su come meglio gestire l’alimentazione.

L’intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio è sempre più diffusa oggigiorno e i sintomi possono essere più o meno gravi, andando da dolori addominali e meteorismo, fino a causare vere e proprie crisi di dissenteria. 

Ma iniziamo parlando del colpevole: il lattosio. E’, lo dice il nome stesso (nomina sunt consequentia rerum diceva sempre la mia professoressa di latino!), lo zucchero del latte. Il lattosio, così com’è, non può essere assorbito a livello intestinale, ma perché ciò possa avvenire deve essere diviso nelle due molecole che lo compongono, il glucosio e il galattosio, che vengono assorbite indipendentemente.

Colui che ha il fondamentale compito di scindere il lattosio e permetterne quindi la digestione completa è l’enzima lattasi. La mancanza o l’inefficacia di questo enzima comporta l’arrivo del lattosio, così com’è, a livello del colon, dove non potrà essere più assorbito e causerà disturbi di fermentazione, meteorismo e dissenteria.

La lattasi

nostra amica-nemica, è un enzima che se ne sta a livello intestinale e, come abbiamo detto, il suo compito è quello di rendere il lattosio digeribile e assorbibile. E’ un enzima inducibile, il che significa che la sua produzione viene incentivata da un particolare stimolo: in questo caso, lo stimolo che sollecita il funzionamento della lattasi è il lattosio stesso.

Questo sta a significare che se, per le più svariate cause, dovessimo interrompere l’assunzione di latte e derivati per un periodo più o meno prolungato, la carenza di lattosio nell’alimentazione non stimolerebbe più l’attività della lattasi, che cesserebbe così di funzionare. Nel momento in cui reintrodurremo i latticini nella dieta faremo inizialmente fatica a digerirli e potremmo accusare i tipici sintomi dell’intolleranza. Questo non vuol dire che dobbiamo smettere totalmente di assumerli, anzi, dobbiamo sollecitare il nostro organismo a riprodurre e ripristinare l’efficacia dell’enzima introducendo gradualmente, poco a poco, delle fonti di lattosio. 

La lattasi è un enzima che riduce la sua funzionalità con l’età: è per questo che con l’invecchiamento risulta essere più faticoso digerire il latte. In altri casi può comparire un’intolleranza di questo genere per la predisposizione genetica oppure in determinate condizioni patologiche che interessano e compromettono il funzionamento del tratto intestinale.

Non bisogna  confondere l’intolleranza al lattosio con l’allergia alle proteine del latte

sono due disturbi completamente diversi, sia dal punto di vista patologico che sintomatico. L’intolleranza comporta per lo più sintomi gastrointestinali e l’assunzione di piccole dosi può anche essere tollerata da alcuni paziente; l’allergia, che può comportare la comparsa di macchie cutanee, è ben più grave nel caso in cui si manifesti uno shock anafilattico, successivo all’assunzione di una minima dose di latticini. 

Non tutte le persone intolleranti al lattosio lo sono nella stessa misura. La gravità dei sintomi è infatti proporzionale alla carenza di lattasi. C’è da considerare, inoltre, il cosiddetto effetto accumulo: può essere, infatti, che se un giorno consumate qualcuno degli alimenti “proibiti” non stiate subito male, ma se venisse consumato anche il giorno dopo potrebbe causarvi problemi.

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Se l’intolleranza è confermata da analisi specifiche sarà necessario seguire una dieta priva di lattosio solo in caso di forte deficit di lattasi. Essere intolleranti al lattosio non presuppone che debbano essere eliminati tutti i latticini dalla propria alimentazione. Infatti la concentrazione di lattosio è differente nei diversi derivati del latte.

Lattosio e formaggi

Più un formaggio è stagionato, minore sarà la quantità di lattosio in esso presente: questo grazie alla sua idrolisi (ovvero scissione, digestione) durante il tempo di stagionatura stesso.

Ad esempio, il parmigiano, fiero prodotto del nostro bel paese, non contiene lattosio, perchè la sua lunga stagionatura (almeno 24 mesi) ne ha permesso una pre-digestione e risulta perfettamente tollerato.

Così come formaggi come l’asiago, il pecorino o il caprino ben stagionati. Diversamente da ciò che si ritiene i formaggi di capra e pecora non hanno un quantitativo di lattosio nettamente inferiore rispetto a quelli ottenuti dal latte vaccino: la migliore digeribilità si suppone sia dovuta alla diversa composizione proteica di queste tipologie di latte, soprattutto per quanto riguarda i livelli di caseina. D’altra parte i formaggi freschi rappresentano il vero nemico: per gli intolleranti al bando mozzarella, ricotta, crescenza, formaggi spalmabili (che sarebbero da evitare anche per mille altri motivi), robiola, primosale… 

Lattosio e yogurt

Lo yogurt, pur essendo un derivato diretto del latte, contiene una quantità inferiore di lattosio, che viene parzialmente fermentato e digerito dai batteri contenuti nel prodotto stesso. Se dalla teoria non sembrano esserci controindicazioni per introdurre lo yogurt nella dieta degli intolleranti, non sempre è così: alcune persone, particolarmente sensibili, potrebbero non tollerare neppure le minime quantità di lattosio nello yogurt e potrebbero accusare i tipici sintomi da mal assorbimento.

Lattosio e burro

Anche il burro è uno dei derivati del latte che contengono lattosio in minime quantità e, analogamente a ciò che è stato detto riguardo allo yogurt, persone particolarmente sensibili possono accusare sintomi da mal assorbimento anche consumando minime quantità di burro, normalmente usato per la cottura di piatti elaborati come risotti, torte o particolari arrosti. Tutto è basato sulla tolleranza strettamente personale. Il burro chiarificato può essere una soluzione: è una tipologia di burro ottenuta eliminando il lattosio, acqua e proteine conservando solamente la quota lipidica. 

Con il termine “lattosio nascosto” si intende il lattosio introdotto negli alimenti durante la preparazione, con l’aggiunta di ingredienti come: latte in polvere, siero di latte… Questi ingredienti vengono aggiunti in miscele di spezie, dolci, prodotti da forno, piatti pronti, insaccati e bevande e devono essere obbligatoriamente dichiarati nelle etichette. Il lattosio viene anche impiegato nella produzione di medicinali e preparati omeopatici. In caso di allergia o forte intolleranza bisogna prestare attenzione a tutte queste fonti alimentari. 

Fondamentale è LEGGERE LE ETICHETTE DEGLI ALIMENTI: l’unico modo per sapere se ciò che stiamo acquistando contiene o meno il nostro nemico lattosio.

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La domanda che gli intolleranti si pongono è: il latte come lo sostituisco?

Sostituire il latte vaccino con il latte ad alta digeribilità sembra essere la soluzione più semplice. Il latte delattosato si ottiene attraverso un processo biotecnologico che permette di spezzare la molecola di lattosio in glucosio e galattosio, per renderlo digeribile a chi è intollerante. A causa della liberazione del glucosio ha un sapore più dolciastro e, inoltre, anche se UHT, deve essere conservato in frigorifero.

Può essere valida anche l’opzione di sostituire il latte vaccino, e anche lo yogurt, con le versioni vegetali. Tra i latti di origine vegetale ne troviamo numerosi tipi: di soia, di riso, di avena, di mandorle…. Stiamo attenti nella scelta di questi prodotti, evitando di acquistare quelli eccessivamente ricchi di zuccheri aggiunti. Una volta fatta una scelta consapevole è possibile utilizzare questi prodotti in alternativa al latte sia per la prima colazione sia per la preparazione di ricette dolci e/o salate.

Se a casa può essere semplice gestire una dieta priva di fonti di lattosio, conoscendo ciò che si acquista e sapendo come si cucina, altrettanto non si può dire quando ci si ritrova in mensa, al ristorante, al bar, in pizzeria. A volte è meglio (e più semplice!!) ordinare una pizza senza mozzarella, magari condita con verdure, rucola o gamberetti, piuttosto che andare alla ricerca di pizzerie che offrano l’alternativa mozzarella lactose-free. Eccezione fatta se si conosce la vera origine della mozzarella e si è certi della sua qualità.

Fare scelte alimentari naturalmente prive di lattosio: al ristorante selezioniamo i piatti che non ne contengono, piuttosto che fare bizzarre richieste al cameriere il quale si troverà costretto a richiedere in cucina un piatto di lasagne senza besciamella. Una fresca insalata di mare, un piatto di spaghetti allo scoglio, una battuta di tacchino con verdure alla griglia……ora arriviamo al dolce!

I dolci al cucchiaio, composti da creme contenenti latte piuttosto che panna, sono da evitare a priori. Meglio rivolgere l’attenzione ad altre tipologie di dolci, ma attenti al burro e all’eventuale presenza, nella ricetta di latte o panna. Il gelato? Se il gelato è il vero gelato i gusti alla crema contengono senza dubbio latte e i gusti alla frutta non dovrebbero assolutamente contenerne. Un vero gelato alla fragola (che dovrebbe chiamarsi sorbetto, non gelato) è fatto solamente da fragole, acqua e zucchero. Niente latte! Appuratene la qualità dal vostro gelataio di fiducia!

Come essere certi che si tratta di un’intolleranza?

Gli unici modi validi che permettono una diagnosi certa di intolleranza è il breath-test al lattosio o la valutazione glicemica dopo l’assunzione di una miscela contenente lattosio. Entrambi i test si possono effettuare nei punti prelievi o in ospedale (tendenzialmente su prenotazione).

Per entrambi i test, l’esecuzione va fatta al mattino, a digiuno, avendo seguito una dieta priva di lattosio. Al paziente viene somministrato una miscela contenente lattosio e si valuterà poi, nel caso del breath test la quantità di idrogeno emesso, nel caso di valutazione glicemica la glicemia pre somministrazione e dopo un’ora. 

Diffidate dei test generici delle intolleranze (quelle in cui, per capirci, può risultare di essere intolleranti anche alle patate o al riso…)

F.  

Chi la vuole un'insalata sfiziosa?